lunedì 21 febbraio 2011

Non c'è solo la scelta armata: intervento di Antonino Drago

lettera di Antonino Drago (pubblicato su Il Tirreno nell'aprile 2010)


Lettera aperta alla Stimata e gentile Sig.ra Ciardelli

Gentile Sig. ra Ciardelli,

mi rivolgo lei perché sono convinto che lei desideri sinceramente la pace. Il Gen. Mini diceva in dibattiti pubblici che, per sua conoscenza, aveva svolto una indagine sui militari della missione in Kosovo: il risultato era che la maggioranza relativa dei soldati aveva la motivazione che lui chiamava “Caritas”, cioè si era arruolato con la convinzione di portare la pace, mentre decisamente piccola era la motivazione di quelli che volevano partecipare ad uno scontro armato alla Schwartzenegger.

Condivido quindi le motivazioni alla pace a cui oggi partecipano sia i militari che gli obiettori di coscienza; ai quali secondi io appartengo, essendomi formato sulla base di autorità morali come don Milani, con la sua lettera ai cappellani militari, e come il Concilio Vaticano II che nella Gaudium et Spes dichiara (n. 78) che “noi non possiamo non lodare coloro che, rinunciando alla violenza nella rivendicazione dei loro diritti, ricorrono a quei mezzi che sono, del resto, anche alla portata dei più deboli…”

Se le scrivo è perché il problema sorto in città per la iniziativa scolastica presa presso la Caserma Gamerra è stato dibattuto in maniera, secondo me, da non tener conto dei fatti principali dai quali dipende. Perché, vede signora, ora gli obiettori di coscienza non sono più giustificati da soli motivi morali o ideologici, ma dalle massime istituzioni politiche nazionali e sopranazionali. È dal 1992 che la Agenda per la Pace dell’ONU ha programmato interventi di pace per fermare le guerre, nei quali i civili vengono posti alla pari dei militari.

Nel nostro piccolo dello Stato italiano è dal 1985 che la Corte Costituzionale ha emesso una serie di sentenze con le quali dichiara che la difesa della Patria senza le armi è equivalente alla difesa della Patria con le armi. E anche il Parlamento italiano con le leggi 230/98 (art. 8) e 64/01 (art. 1) ha riconosciuto agli obiettori una capacità di intervento nelle guerre da civili, senza armi. Nel linguaggio instaurato dai ricercatori per la pace questo significa che è iniziato il periodo del “transarmo”, nel quale cioè i due tipi di difesa, armata e non armata, competono democraticamente affinché la popolazione decida sui fatti quale sia la più adatta ed efficace. In termini più aggressivi, si può dire che è iniziata una concorrenza tra i due tipi di difesa per acquisire consenso tra la popolazione a favore del proprio metodo di intervento.
Il problema oggi dov’è? Nel fatto che in Italia la applicazione di quelle leggi sulla difesa alternativa è stata sospesa; che il Comitato ministeriale istituito per la difesa alternativa non ha finora preso una iniziativa di rilievo, che in televisione si vede solo la difesa armata posta sotto la etichetta della “pace”; in definitiva il problema è che i concetti “difesa” e “pace” sono mantenuti come monopolio dalla sola difesa armata. Che questo non sia un sospetto o un preconcetto lo testimonia (a parte la cronaca ordinaria di come le crisi internazionali vengano impostate con i bombardamenti e di come le attività di cooperazione siano sacrificate alle missioni militari) l' istituzione da parte di ogni Paese Nato di una apposita “cellula CIMIC” (Civil Military Cooperation) per ricollegare gli interventi civili a quello militare. Il suo “scopo [è duplice; il primo è sia] appoggiare i progetti umanitari sia ottenere [da questi] il massimo supporto all’operazione bellica” (Allied Joint Publication – 3.4.1 (AJP – 3.4.1), NATO Peace Support Operations, 2001, Ch. 6, par. 0645, p. 101).

Allora qual è il problema per l' iniziativa presa nella statale caserma Gamerra? Libera lei, gentile signora, come presidente di una associazione privata di prendere iniziative con chi vuole e le acconsente, ma non sono liberi le autorità pubbliche e le scuole di prendere iniziative che per legge (internazionale e nazionale) si configurano come iniziative di parte. Quando ci sono due possibilità, presentarne una sola significa essere poco educativi; e per i poteri pubblici, significa mancare ad un preciso dovere. E’ dagli anni ’60 che in Italia si teme che la scuola “plagi” i giovani presentando solo dei punti di vista precostituiti; a mio parere, in questo caso il timore è valido.
Mi spiego: se le modalità di difesa della Patria sono due, come dicono le sentenze della Corte e le leggi italiane (oltre che l’ONU), perché allora le attività ludiche, scientifiche ecc. non venivano collocate correttamente dentro un contesto pluralista delle due modalità di difesa? Nello stesso numero del giornale che riportava la festa alla Gamerra c’era la lettera di uno dei 650.000 internati nei campi di concentramento tedeschi (IMI) che hanno avuto l’enorme coraggio civile di obiettare alla collaborazione con l’esercito nazista e di Salò a costa di morire di stenti in un lager.
In Italia, quando è stata sospesa la leva gli obiettori di coscienza erano arrivati a 120.000 l’anno (secondo me, erano di più dei giovani in caserma); perché tagliare fuori questa metà della gioventù?
Perché non agire tutti in nome della “pace”, che come primo significato ha quello di “pluralismo”? Perché le scuole, che hanno istituito le assemblee degli studenti, non invitano lì i militare a dei dibattiti con persone che presentino la scelta per legge alternativa? Perché si continua a fare propaganda nei Licei di tutta Italia per le sole Accademie militari, mentre il corso di Scienze per la Pace non ha un simile trattamento? Perché l’iniziativa non ha investito gli adulti, o per lo meno gli studenti maggiorenni, invece che i bambini, i quali in caserma certamente non possono chiedere di conoscere anche l’altra campana?

Sono sicuro che lei, mossa dalle motivazioni che condividiamo, comprenderà l’animo di chi le scrive, il quale, figlio di un capitano e nipote di un colonnello, non ha affatto disprezzo e preconcezione per la vita militare, ma cerca di estrarre l’”equivalente morale della guerra” per costruire una diversa istituzione difensiva a fini di pace
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Antonino Drago
Docente di Difesa popolare nonviolenta
Via P.C. Benvenuti 3
56011 Calci

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