mercoledì 23 febbraio 2011

Lettere contro la guerra, un intervento di Gloria Germani

Gentile Ass.Chiofalo,

Ci siamo conosciute in occasione della presentazione a Pisa della mia biografia intelletuale di Tiziano Terzani (Tiziano Terzani: La rivoluzione dentro di noi, Longanesi 2008) Come scrittrice, filosofa e soprattutto come madre, sento il bisogno di farle giungere questa mia, in relazione alle polemiche sollevate dalla Giornata della Solidarietà.
Innanzitutto voglio riproporre all'attenzione di tutti - a 10 anni di distanza- le parole profetiche di Tiziano Terzani contro l'allora imminente guerra in Afganistan ( Sarebbero seguite la guerra in Irak e quella in Libano, appoggiate dai nostri governi tanto di destra che di sinistra). La posizione profondamente e radicalmente pacifista di Terzani merita davvero di essere meditata di nuovo perché, alla luce di questi 10 anni, gli interventi armati non hanno affatto risolto -, ma anzi aumentato - le tensioni tra occidente e paesi mediorientali .
Ecco le parole di Terzani tratte da Lettere contro la guerra ( Longanesi 2002)
Forse perché ho passato tutta la mia vita adulta in Asia, e davvero ora sono convito che tutto è uno,,,,, mi venne da pensare che quell'orrore a cui avevo appena assistito (l'11 settembre) era una buona occasione. Tutto il mondo aveva visto. Tutto il mondo avrebbe capito. L'uomo avrebbe preso coscienza, si sarebbe svegliato per ripensare tutto, i rapporti tra Stati, tra religioni, i rapporti con la natura , i rapporti stessi tra uomo e uomo. Era una buona occasione per fare un esame di coscienza, accettare le nostre responsabilità di uomini occidentali e magari fare finalmente salto di qualità nella nostra concezione della vita.
Introduzione, p. 11
Due settimane fa ho lasciato Peshawar e in compagnia dei miei i due studenti di medicina, incontrati per caso, mi sono messo in viaggio per il Pakistan. L ‘idea era di prendere la temperatura di questo Paese dei puri ( questo vuol dire Pakistan) nato nel 1947 dalla spartizione dell'impero inglese in India. L'idea era di vedere da vicino le conseguenze della guerra in Afghanistan per capire cosa succederà al resto del modo – il nostro mondo, il mondo di tutti – quando questa guerra si sposterà verosimilmente in Irak, in Somalia, in Sudan, forse in Siria, in Libano e chi sa ancora dove. Sono più di sessanta i paesi in cui, secondo Washington, si annidano i terroristi, e chi non collaborerà con gli Stati Uniti a snidarli sarà considerato un nemico.
Lettera da Quetta ,14 novembre 2001, p.80
Mi appare sempre più chiaro che tutto quel che sta succedendo e succederà d'ora innanzi in Afgansitan (e in Irak, Iran, Libia, Yemen) ha nel fondo a che fare con la diversità, con il diritto ad essere diversi.
Un secolo fa per gli afgani, come per gli altri popoli del mondo, la diversità stava nel rendesi indipendenti all'oppressione coloniale; oggi è nel restare fuori da un sistema più sofisticato, ma ugualmente opprimente, che cerca di fare di tutto il mondo un mercato, di tutti gli uomini dei consumatori a cui vendere prima gli stessi desideri e poi gli stessi prodotti.
Questo è un punto su cui non mi stancherò mai di insistere: a noi occidentali può parere assurdo che gli altri non vogliano vivere, mangiare, vestirsi come noi. A noi occidentali può apparire assurda una società che preferisce la poligamia e impone l'assoluta fedeltà, invece della nostra temporanea monogamia e della nostra costante promiscuità sessuale. A noi pare naturale che una donna voglia essere come un uomo, fare il soldato, l'avvocato, il pilota di aerei, che voglia essere indipendente economicamente invece di dedicarsi ad allevare figli, educarli e regnare su una casa.
Lettera da Delhi, 5 gennaio 2002 ,p. 135-43
Guardiamoci allo specchio. Non ci sono dubbi che nel corso degli ultimi millenni abbiamo fatti enormi progressi.Eppure con tutto questo progresso non siamo in pace né con noi stessi nè con il resto del mondo.
Abbiamo appestato la terra, dissacrato fiumi e laghi, tagliato intere foreste e reso infernale la vita degli animali, tranne quella di quei pochi che chiamiamo "amici” e che coccoliamo finché soddisfano la nostra necessità di un surrogato di compagnia umana. .
Il grande progresso materiale non è andato di pari passo con il nostro progresso spirituale. Anzi: forse l'uomo non è mai stato tanto povero da quando è diventato così ricco. Di qui l'idea che l'uomo coscientemente inverta questa tendenza e riprenda il controllo di quello straordinario strumento che è la sua mente. Quella mente finora impiegata prevalentemente a conoscere e ad impossessarsi del mondo esterno, come se quello fosse la sola fonte della nostra sfuggente felicità, dovrebbe rivolgersi anche all'esplorazione del mondo interno, alla conoscenza di Sé. .
Non è detto che uno sviluppo umano verso l'alto sia impossibile. Si tratta di non continuare inconsciamente nella direzione in cui siamo al momento. Questa direzione è folle.
Allora fermiamoci. Immaginiamo il nostro momento di ora dalla prospettiva dei nostri pronipoti. Guardiamo all'oggi dal punto di vista del domani per non doverci rammaricane dopo di aver perso una buona occasione[1].
L'occasione è di capire una volta per tutte, che il mondo è uno, che ogni parte ha il suo senso, che è possibile rimpiazzare la logica della competitività con l'etica della coesistenza, che nessuno ha il monopolio di nulla, che l'idea di una civiltà superiore a un'altra è solo frutto di ignoranza.
Lettera dall'Himalaya,17 gennaio 2002, p.174
Cerchiamo di meditare queste parole, perché contengono una grande saggezza.
Da quel lontano 7 ottobre 2001 in cui il governo USA , appoggiato dalla Coalizione Internazionale, ha lanciato un attacco aereo e terrestre contro l'Afghanistan, e poi senza neppure il benestare della NATO l'attacco all'Irak, ci sono stati molti migliaia di morti, soprattutto civili in Afganistan e Irak ( si dice oltre 400.000 nel solo Afganistan ). Che si tratti di guerra è ormai certo, sia perché tutti gli eserciti coinvolti la definiscono tale, sia perché il numero dei soldati che la combattono e le armi micidiali che usano non lasciano spazio agli eufemismi della propaganda italiana che continua a chiamarla "missione di pace”. Come si può chiamare pace e desiderare la pace, se con una mano diciamo di volere offrire aiuti e liberazione e con l'altra impugniamo le armi e uccidiamo?La cosa singolare è che queste guerre hanno trovato un'unanime consenso sia dai governi di destra che da quelli di sinistra. E la cosa dovrebbe farci riflettere, perchè essa, in realtà, riflette gli stessi interessi economico strategicici.
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Come donna, come madre, come persona impegnata nell'educazione, so che quello di cui i bambini hanno bisogno sono i grandi esempi di altruismo, di generosità, di nobili ideali perseguiti con il lavoro di una vita. I bambini devono conoscere le grandi personalità del passato e del presente che hanno incarnato le virtù più nobili dell'essere umano. Come ricordava Terzani, tutti i grandi dell'umanità, da Gesù a Buddha, a San Francesco, a Gandhi, a Mosè, a Maometto hanno detto: NON UCCIDERE.
Mi scusi, ma non capisco che cosa ci possa essere di educativo nel portare i bambini delle scuole in caserma per mostrare loro degli uomini che imbracciano fucili.
Distinti saluti
Gloria Germani
Studiosa di Filosofia e di Religioni dell'India e dell'estremo Oriente
autrice di :Teresa di Calcutta: Una mistica tra Oriente e Occidente, Prefazione di Tiziano Terzani, Milano Paoline, 2003
Tiziano Terzani: la rivoluzione dentro di noi, Milano, Longanesi 2008 - Vincitore del Premio Firenze per le Culture di Pace, 2010.

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