mercoledì 23 febbraio 2011

Libertà è non partecipazione?

Caserma Gamerra, "Giornata della Solidarietà", 27 aprile 2010
Nel suo “Il punto” su Pisainforma (organo stampa del Comune) Giorgio Piccioni , dopo averci debitamente informato che un giornalista veramente indipendente fa solo inquadrature fotografiche centrate e non da destra o sinistra, ci prega sulla questione caserme di badare alla “sostanza”. E per lui la sostanza è: “L'operazione 'caserme aperte' resta una questione importantissima , da difendere e da ampliare. Il fatto che in Caserma possono entrare tutti, dai bambini agli anziani, è garanzia democratica fondamentale." (http://www.pisainformaflash.it/notizie/dettaglio.html?nId=6553)
A parte che dovrebbero decidere definitivamente quali sono gli scopi dell'iniziativa (solidarietà, democrazia, educazione civica e scientifica, festa, c'è qualcos'altro?) il signor Piccioni coglie finalmente il punto, se non il modo verbale: il fatto che in Caserma possano entrare tutti sarebbe quindi garanzia democratica.
Diciamo di si, anche se secondo noi sarebbe meglio che la gente potesse entrare senza preavviso, tipo vero controllo e non ispezione preannunciata. Ma ci si concederà che è garanzia di democrazia anche il fatto che non tutti debbano entrare in caserma, e che l'entrarci si ponga almeno su base volontaria.
Invece la scuola pubblica, che dovrebbe educare nel segno dei valori condivisi, prende le figlie e i figli degli obiettori di coscienza all'uso delle armi ( obiezione il cui diritto è sancito dalla legge) e li porta in caserma. I bambini sono piuttosto percettivi: se li si porta in un posto dove si preparano le missioni militari e dove si addestra l'esercito e gli si parla di pace, solidarietà e missioni umanitarie sarà facile che pensino che compito dell'esercito è l'assistenza sociale su scala internazionale. Quando i genitori cercheranno di spiegare loro la propria intima convinzione che dalle armi molto difficilmente nascono sviluppi positivi i bambini avranno tutto il diritto di replicare: guarda mamma, guarda babbo, che ti sbagli. Gli eserciti, con i loro carriarmati e gli aerei caccia supersonici da 35 milioni, sono fatti per salvare i bambini: me l'hanno insegnato a scuola.
Tutto qua. La base della nostra protesta non è un inesistente odio verso i militari o una sterile volontà di polemica politica. E' la coscienza del nostro diritto di educatrici ed educatori. Ci piacerebbe che fosse condivisa la nostra convinzione che la pace si prepara con la pace e non con le spese e le missioni militari. Evidentemente non è così. Ma continuiamo a ricordare che non è condivisa neanche la convinzione che le missioni armate possano essere umanitarie. E allora la scuola non può portare tutti i bambini in caserma.
L'obiezione che ci verrà fatta è: ma non siete proprio obbligati, potete sempre tenere i bambini a casa. Oppure, se la fate proprio lunga, magari i vostri bambini possono rimanere a scuola mentre gli altri vanno in gita alla caserma a fare tutti gli interessanti laboratori scientifici che non c'entrano assolutamente nulla con l'esercito e le caserme ma che abbiamo deciso di tenere proprio in quella sede. A parte i costi indebiti per i genitori nel primo caso ( assenza dal lavoro, baby sitter) il punto fondamentale è che questa sarebbe una discriminazione verso i bambini “lasciati a scuola”, che sarebbero privati di opportunità didattiche a cui hanno ogni diritto.
La soluzione è una sola, e l'abbiamo detta fin dal principio: la Giornata della Solidarietà in orario scolastico ma fuori dalle caserme, o la Giornata della Solidarietà in caserma ma fuori dall'orario scolastico. E a questo proposito, non possiamo fare a meno di avere un dubbio un po' cattivo: se questa giornata in caserma è tanto attraente, se tante associazioni e famiglie e ragazzi sono così interessate a partecipare, perchè tanta riluttanza a spostarla in una bella domenica mattina? Non avrete mica paura che non venga nessuno?

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