Firmate l'appello!
L'associazione Un ponte per... nata nel 1991 per operare contro gli effetti di guerre cosiddette "umanitarie" sulla popolazione civile in Iraq ed altrove, partecipa a Pisa dall'anno scorso a due importanti iniziative della società civile locale: la campagna contro l'Hub aeroportuale militare, e quella contro lo svolgimento della Giornata della Solidarietà nella caserma Gamerra. Rivendichiamo con forza il nostro sostegno a queste istanze e, rifiutiamo qualsiasi accusa di "mistificazione" di coloro che difendono il progetto dell'hub militare per finalità umanitarie, e coloro che ritengono edificante portare bambini in una caserma in orario scolastico. Molti nel mondo militare e istituzionale si augurano sinceramente che i militari italiani possano occuparsi solo di interventi umanitari ma la realtà è ben diversa.
In primo luogo, non è compito dei militari portare aiuti umanitari. Le linee guida delle Nazioni Unite per l'uso di risorse militari e della difesa in sostegno ad interventi umanitari, sono molto chiare: "In linea di principio, risorse di forze militari belligeranti, o di forze che si trovano coinvolte attivamente in combattimenti, non devono essere usate in sostegno a operazioni umanitarie". Inoltre risorse militari devono essere utilizzate solo in ultima istanza, quando non sia possibile altrimenti consegnare gli aiuti, pena il rischio di minare la percepita neutralità e imparzialità delle agenzie umanitarie, e mettere quindi in pericolo operatori e destinatari degli aiuti. Gli eserciti dichiarano esplicitamente che la cooperazione militare serve a vincere "cuori e menti" delle popolazioni in zone di intervento, ma questa strumentalizzazione va nettamente rifiutata.
In secondo luogo, è fuorviante associare il termine "umanitario" a operazioni di combattimento o intervento militare, anche se condotte al fine di tutelare la sicurezza delle persone, separare combattenti e prevenire abusi. La retorica della guerra umanitaria è stata utilizzata per tentare di legittimare interventi che non avevano l'autorizzazione del Consiglio di Sicurezza dell'ONU, e la confusione tra interventi umanitari e aiuti umanitari viene alimentata ad arte per confondere i cittadini. Purtroppo molte missioni di "peacekeeping" hanno regole di ingaggio che non rispettano l'obiettivo primario affidato a tali missioni dalle Nazioni Unite: la protezione dei civili. I militari italiani in Afghanistan e prima in Iraq sono i primi ad essere consapevoli che in quei paesi si va a combattere e non a portare caramelle. Si rischia la pelle ogni giorno e non è facile rispettare il diritto umanitario internazionale. Nella "battaglia dei ponti" a Nassiryia militari italiani hanno sparato contro un'ambulanza uccidendo diversi civili, ma sono stati incredibilmente assolti dalla Procura militare di Roma. Ed il bilancio delle guerre degli ultimi anni è noto: le prime vittime sono i civili e tra loro i più deboli.
Vero è che Un ponte per... ha chiesto aiuto alle istituzioni italiane per portare in Italia una bambina irachena che aveva bisogno urgente di cure, e che l'Associazione Ciardelli ci ha sostenuti nella procedura per farla arrivare con volo militare. Purtroppo la cooperazione italiana del Ministero degli Esteri ha scarsi, se non inesistenti, finanziamenti per le attività umanitarie o voli civili per l'Iraq, e gli unici vettori utilizzabili sono militari. Normali compagnie aeree fanno ora scalo a Baghdad con costi molto elevati, e non avevamo le risorse per comprare ai nostri amici due biglietti d'aereo, né tempo per aspettare. Così la bambina irachena e suo padre sono saliti su un volo militare che faceva scalo a Baghdad, portando personale dell'esercito e merci da altri scenari di guerra. La presenza di una bimba da operare in Italia non ne faceva un volo umanitario, come la stampa ha invece provato a scrivere, gettandosi sulla vicenda come mai aveva fatto per gli altri ospiti iracheni che abbiamo portato in Toscana negli ultimi anni con voli civili. Un Ponte per... sostiene da anni, con risorse di privati cittadini, 250 minori in aree di conflitto e non è nostro costume, a differenza di altri, strumentalizzare questa attività.
La 46ma Brigata ha fatto la sua parte con correttezza ed estrema disponibilità nella vicenda della bambina irachena, come l'ospedale che l'ha operata, la Regione Lazio che ha pagato la costosissima operazione, il Ministero degli Esteri che ha facilitato il rilascio dei visti, e tutti coloro tra enti pubblici e religiosi che l'hanno ospitata e accolta gratuitamente. Abbiamo chiesto il sostegno delle istituzioni per un caso che non avremmo potuto altrimenti trattare, ma faremo il possibile per continuare il nostro lavoro con strutture e risorse civili. La presenza militare internazionale in Iraq, come in Afghanistan, rimane legata a una guerra ingiusta e a un'occupazione crudele, nella quale sono stati commessi crimini di guerra e sono stati uccisi migliaia di innocenti. E gli effetti di queste guerre li stanno pagando soprattutto i bambini con patologie terribili legate all'uso di armi chimiche, all'inquinamento delle falde idriche, alle migliaia di mine disseminate nei campi.
Anche loro vorremmo ricordare in una Giornata di Solidarietà che miri sinceramente e semplicemente al sostegno di un progetto meritevole, come la Casa dei Bambini dell'Associazione Nicola Ciardelli ONLUS. Ripetiamo quindi, con forza, la richiesta a tale Associazione e al Comune di Pisa di slegare le attività scolastiche di questa giornata dalla caserma Gamerra e farne così una celebrazione aperta a tutte le associazioni che di Solidarietà si occupano ogni giorno. A ciascuno il suo mestiere.
Nessun commento:
Posta un commento