lunedì 28 marzo 2011

Qualche osservazione sulla “Giornata della Solidarietà” del 27 aprile prossimo.

  1. Una luce cattiva
    Sopra il dibattito cittadino sulla giornata della solidarietà promossa per il 27 aprile e che ha come sede per le attività delle scolaresche la caserma Gamerra, certo articolato e di grande intreresse, cala adesso una luce cattiva, che dovrebbe indurre a un ri-pensamento: si tratta della guerra in Libia, con il suo corollario bombardamenti, lutti, terrore e distruzione.
    Questo suggerirebbe, per forza di cose, direi per principio di realtà, di fare un passo indietro nell'organizzazione della giornata, di cui in sintesi si critica una cosa sola: la con-fusione, cioè la fusione tra la festa con i bambini e il luogo di addestramento alla guerra.

  2. Le intenzioni e i risultati
    Nessuno infatti critica la bontà delle intenzioni dell'associazione Nicola Ciardelli Onlus, come espresse con semplicità dalla sua presidente Federica Ciardelli, anche in un recente intervento. Il problema è che anziché unire, questa vicenda sta creando una divisione in città, che non si è ricomposta nonostante i diversi tentativi di convincere i contrari.
  3. I “rompiscatole”
    Chi sta rovinando la festa in questo momento sono associazioni pacifiste e singoli cittadini che si ritrovano nel blog “nocaserma” e che hanno dato vita alla discussione da alcune settimane ritenendo che l'iniziativa sia viziata da un equivoco di fondo, non sanabile, dato proprio dal luogo in cui si svolge: si possono portare i bambini in caserma se si vuole mostrare loro una realtà prevista dall'art.52 della Costituzione, quale l'esistenza di un esercito per la difesa della patria, mentre non va bene far credere loro che questa struttura serva soprattutto a promuovere pace e solidarietà.
  4. E gli esclusi?
    Certo, se non ci fossero questi genitori, questi pacifisti, tutto filerebbe più liscio...
    ma siccome esistono, si arriva a ipotizzare, per quei bambini figli di chi si oppone, “attività alternative” in orario scolastico; mentre i loro compagni partono per esperienze molto coinvolgenti visto il ricco programma della “Giornata” (e la gita dello scorso anno è stata un successone presso i ragazzi che vi hanno partecipato), loro sono esclusi perché hanno genitori che non ne condividono le modalità.
  5. Non uno di meno
    Allora, forse, è giusto per prima cosa prendere in considerazione proprio il disagio di questi bambini. In classe nostra ci regoliamo così: se un qualsiasi progetto non è condiviso da tutti i genitori e non coinvolge tutti i bambini, lo lasciamo perdere. Non c'è iniziativa, per quanto bella, che valga la pena dell'esclusione di una bambina o di un bambino dal resto dei compagni.
  6. C'è una soluzione?
    Con un po' di buona volontà, si possono trovare molte soluzioni da qui al 27 aprile; ci si potrebbe trovare e parlarsi, si potrebbe modificare il programma, si potrebbero trovare spazi alternativi se non orari extrascolastici, si potrebbe cogliere non solo a parole la ricchezza che viene dalla diversità di pensiero, si potrebbe ragionare con calma, senza essere forzati da scadenze, su cosa significhi educazione alla pace e alla solidarietà, anche per noi adulti
    Basta volerlo.

Ilaria Ferrara
Responsabile provinciale Scuola Sinistra Ecologia Libertà – Pisa

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