mercoledì 9 marzo 2011

Perchè i miei figli non torneranno in caserma

Sono la mamma di due bambini che frequentano una scuola materna e una scuola primaria di Pisa.
Lo scorso anno i miei bambini sono stati portati alla "giornata della solidarietà" alla caserma Gamerra.
Vorrei raccontare come sono arrivata alla decisione di non far partecipare i miei figli quest'anno, di non farli andare in caserma.
Cerco sempre di scegliere cosa è meglio per i miei figli in maniera consapevole e quindi per farmi un’idea ho deciso di informarmi sulla questione, leggendo sui giornali e su Internet, ascoltando le interviste.
E’ stato importante per me conoscere il parere di chi, avendo partecipato all’evento nel 2010, ha vissuto quell’esperienza direttamente. Per questo motivo mi sono confrontata con le insegnanti dei miei figli
La maestra della materna mi ha detto che l'anno scorso i laboratori sono stati molto interessanti e che i bimbi si sono divertiti tantissimo; l'ambiente le è sembrato piuttosto neutro, mi ha detto che "non si vedeva niente".
La maestra della primaria, alla domanda "cosa ne pensa? cosa farete?" ha concordato che le attività sono interessanti ma che di fatto il posto non è dei più adatti. Ha aggiunto che essendo stati invitati, discuteranno collegialmente le modalità di partecipazione.
Ho anche chiesto ai miei figli come è stata per loro questa giornata per capire cosa hanno percepito.
La grande e' ancora arrabbiata perché la sua classe è stata poco tempo mentre il fratellino è rimasto tutto il giorno.
Il piccolo era gasatissimo, ha detto "eh, mamma, sai cosa c'era? c'erano pure i gonfiabili".
E poi c’era la grande attrazione della mongolfiera.
Allora ho voluto capire se per loro l'ambiente era veramente neutro come diceva la maestra della materna e la bimba grande mi ha raccontato che all'ingresso ha visto i militari con i fucili. Le ho risposto che è normale che all'ingresso di una caserma ci siano i militari con i fucili ("ma non è tanto normale che ci siano all'ingresso di una festa per la pace!", ho pensato).
Poi è seguita una discussione sulle armi e su una potenziale guerra tra Italiani e Francesi, dove secondo mio figlio piccolo “gli italiani sono i buoni perché i francesi non si capisce cosa dicono perché non parlano italiano”. Ma quando gli ho spiegato che in una casa francese ci sarebbe potuto essere un bimbo come lui che stava parlando con il suo babbo e la sua mamma e che non sarebbe stato bello se un cannone avesse sparato sulla casa di quel bimbo, allora è stato d'accordo che è meglio che Italiani e Francesi siano amici.
Ecco! Bel minestrone hanno in testa questi bimbi!
Sarà meglio evitare di confonderli ulteriormente le idee.
E perché secondo me la giornata della solidarietà svolta in caserma può confondere le idee?
Penso che se la scuola porta i bimbi (magari i più grandi) in caserma o all'aeroporto militare a vedere quelle realtà e a visitarle per come sono e come si presentano nel quotidiano (anche se sarà loro mostrato solo il lato "bello") di fatto si tratta di una visita a una realtà presente nel nostro territorio; allora posso pensare che sia anche giusto che sappiano che esista, e vederla potrebbe essere un'opportunità per rendere concreta nella mente dei bimbi la loro esistenza (poi magari crescendo la rielaboreranno alla luce anche di altre esperienze e pensieri).
Ma che la scuola porti i bimbi a fare dei laboratori di carattere educativo sui temi della pace e della solidarietà, magari molto belli e interessanti, in un posto che di fatto è una scuola per addestrare militari mi sembra invece decisamente scorretto: non si può presentare la caserma come un parco giochi!
La caserma ha altre regole al suo interno come l'ordine, la disciplina; i suoni e i colori sono tutta un'altra cosa, è un posto austero, molto spoglio, è proprio tutto un altro ambiente.
Svolgere questa iniziativa festosa proprio lì al suo interno, tra le sue mura, vuol dire camuffare una realtà che con la pace, la solidarietà, la gioia di vivere e il sorriso dei bimbi, non ha niente a che fare. Perché, parlando chiaramente e senza mezzi termini, la caserma è un posto dove le persone vengono addestrate a combattere, a usare le armi e ahimè ad uccidere.
E allora mi chiedo perché la nostra amministrazione vada così fiera di questa iniziativa e non si sia dimostrata finora più aperta e più disponibile all’ascolto di chi chiede semplicemente di rivederne le modalità organizzative nel rispetto del tema della giornata.
Mi chiedo se per caso ci sia un disegno in tutto questo, nel voler istituire questa giornata come evento di ogni anno. Un disegno per abituarci o educarci fin da piccoli, usando proprio la scuola, a convivere gioiosamente con una realtà che di fatto è in espansione sul nostro territorio e nella quale il nostro Governo dimostra di investire molto di più che nella scuola dei nostri bambini.
No, abbiate pazienza ma io non ci sto!

Pisa, marzo 2011

Antonella Andreoni

1 commento:

  1. Le ambiguità, e direi l'inghippo, stanno a monte. E stanno nella Costituzione che fa convivere un formale e ideologico rifiuto della guerra con le strutture e le misure da adottarsi in caso di ...guerra. Inclusi eserciti e compagnia bella...

    Contraddizione non da poco anche perché nella costituzione non ci sono né una definizione precisa e non generica di "guerra", né distinzioni precise tra un attacco e la difesa da un'invasione espressamente portata al nostro territorio, salvo che in un punto...

    Vediamo un po'. Da un lato abbiamo un principio generale che stabilisce (Art. 11)

    Art. 11

    L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.

    Poi parla di "sacro dovere della difesa della Patria":

    Art. 52.

    La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino.

    Il servizio militare è obbligatorio nei limiti e modi stabiliti dalla legge. Il suo adempimento non pregiudica la posizione di lavoro del cittadino, né l'esercizio dei diritti politici.

    L'ordinamento delle Forze armate si informa allo spirito democratico della Repubblica.

    Poi ritorna il termine "guerra" in tutta la sua ambiguità (benché sia pratica ripudiata ANCHE come mezzo di risoluzione delle controversie e non SOLO come puramente offensiva), segnatamente in...

    Art. 60.

    La durata di ciascuna Camera non può essere prorogata se non per legge e soltanto in caso di guerra.

    E in Art. 87 (prerogative del Presidente della Repubblica):

    Ha il comando delle Forze armate, presiede il Consiglio supremo di difesa costituito secondo la legge, dichiara lo stato di guerra deliberato dalle Camere

    In breve la guerra e gli eserciti ci sono nella costituzione e guerra fino a prova contraria è il contrario della pace, vi prego di notare come la pace come valore assoluto NON sia in agenda nella Costituzione. Mentre la parola guerra salta fuori almeno per tre volte e in due di esse come necessità ammessa.

    In guerra fino a prova contraria ci va un esercito che deve uccidere e atterrire un nemico per piegarlo alla sua volontà.

    A questo punto non posso che constatare quanto segue: il dissidio pace-guerra, prima che risolto a scuola andrebbe risolto a monte. Segnatamente nella stessa costituzione che stabilisce le coordinate entro cui la scuola deve agire per formare il cittadino. E sono coordinate direi decisamente ambigue. Che non escludono la partecipazione a una guerra, anche senza provocazioni dirette e attacchi espliciti al nostro territorio.

    Penso che una revisione - magari in direzione decisamente meno ipocrita e ambigua e decisamente più onesta anche se più brutale - del testo costituzionale sarebbe la sola chiave per interpretare correttamente come dovrebbe agire la scuola, in veste ufficiale.

    Mancando ciò la linea più saggia è lasciare la libertà ai genitori di decidere se far imparare la pace in caserma o no ai propri figli.

    Io personalmente credo al motto latino "Si vis pacem, para bellum", anche se attualmente non porterei mio figlio in caserma a parlare di pace per altre ragioni più contingenti e meno generiche, come il fatto che considero le attuali imprese "di pace" del nostro esercito delle mere aggressioni. Ma questa è la mia posizione personale e non riguarda le riflessioni generali e tecniche che ritengo sensate a livello costituzionale.

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