martedì 5 aprile 2011

Un po' di chiarezza ( intervento di Paolo Chianese a favore della Giornata della Solidarietà)

Riceviamo e pubblichiamo

Gentili Signori,
prima di entrare nel vivo del problema ritengo giusto presentarmi, come usava fare una volta.
Sono un funzionario pubblico e un rappresentante sindacale; Ufficiale dei Carabinieri, in congedo, attualmente inserito nel Corpo Militare della Croce Rossa, col grado di Capitano, Istruttore di Diritto Internazionale Umanitario.

Seguo ormai da più di un mese sui quotidiani e su alcune testate telematiche la polemica che nata intorno all’iniziativa dell’Associazione Nicola Ciardelli e ritengo sia necessario apportare un mio modesto ma sentito contributo, se non altro per cercare di far chiarezza.


Vengo subito al concreto: avendo assistito a questa manifestazione negli anni precedenti, visti i sentimenti di sincera amicizia che mi legano a diverse persone coinvolte in essa, posso affermare, con assoluta certezza e in piena buona fede, di NON aver visto o sentito alcun militare parlare ai bambini di missioni nei teatri operativi esteri, tant’è che lo scorso anno gli unici laboratori dedicati alle scuole “in mano” ai militari erano legati alle tecniche del volo che, per i paracadutisti, vuol dire “volare” col paracadute e non vedo come potrebbe essere altrimenti.
Esistevano anche alcune attività a carattere ludico/sportivo, come ad esempio una parete da arrampicata ed una pista da sci di fondo, ma non credo che questi sport abbiano preoccupanti connotazioni belliche, anzi, direi proprio il contrario.
E questo giusto per rassicurare gli animi di chi sostiene che le attività siano volte a far passare messaggi militaristi o guerrafondai.

Mi fa un po’ sorridere, in questi tempi di prepotente utilizzo delle immagini, che ne vengano usate alcune “ad hoc” per sdoganare un idea della manifestazione non corrispondente alla realtà dei fatti e arrivare invecea dichiarare che questa è la subdola manovra degli organizzatori.
Mi riferisco, ad esempio (ma non solo), alla foto del picchetto armato che presenta le armi con in bella vista il pesciolino Nemo.
Peccato che nessuno di coloro che ha presentato l’immagine abbia specificato che si trattava della resa degli onori nel momento dell’elevazione durante la Santa Messa in ricordo del Maggiore Ciardelli. Funzione a cui, tra l’altro, NON partecipavano i bambini delle scuole.
Ricordo che anche le guardie svizzere durante la celebrazione della Messa del Santo Padre presentano le alabarde.
E’ tradizione militare e uso profondamente sentito per rendere omaggio; un po’ come i gentiluomini del passato e, ove si trovino, del presente si levano il cappello e si inchinano dinnanzi alle mani alle signore.
Oltretutto erano le uniche armi in vista, ovviamente a parte quelle del corpo di guardia, ma sarebbe come andare in visita dai Vigili del Fuoco e storcere il naso dinnanzi alla loro tipica scure col manico rosso.

Ancora, alcuni tra genitori ed insegnanti, si preoccupano del fatto “che presentare in modo acritico delle attività piacevoli ai giovani nel contesto di una caserma è per loro forviante”. Permettetemi di esprimere, da padre, una certezza: nessuna permanenza, limitata ad una giornata “diversa”, può pensare di mettere in crisi l’impegno e l’azione educativa svolta dai genitori nei rimanenti 364 giorni. Se accadesse a mio figlio mi stupirei fortemente e, tutto sommato, mi preoccuperei della reale presa dei miei insegnamenti, ammesso che siano diretti in altra direzione, nei confronti di mio figlio; tutto questo ammesso e non concesso che una caserma sia un luogo pericoloso e negativo.

Si parla ancora di spostare la manifestazione in altro luogo, forse ignorando quali spazi, energie e risorse si impegnino nella sua realizzazione.
Nel dubbio mi sono informato e i numeri sono questi: oltre un ettaro (10.000 mq) di spazio, sicuro, protetto, privo di automobili e traffico, una palestra grandissima, una decina di aule attrezzate con videoproiettori e lavagne, una mensa che con circa 500 posti a sedere e innumerevoli militari, ragazzi e ragazze in uniforme, a totale disposizione.
Quale altra realtà, struttura o ente potrebbe mettere a disposizione, GRATUITAMENTE, risorse simili coinvolgendo più di 1400 scolari?
Chi propone lo spostamento ha mai affittato una saletta per fare una festa di compleanno ai figli?
Sappiamo di cosa stiamo parlando?
Si ha una vaga idea dei costi che dovrebbero essere affrontati?Chi si offrirebbe per far fronte alle spese, superare le difficoltà e ri-organizzare il tutto?

E’ ovvio che nessuno osa mettere in dubbio i sacri principi della pace e della concordia tra i popoli e posso garantire che i militari sono tra i primi a voler la pace, visto che proprio loro sono i primi “a partire”, ma mi spiacerebbe, e sminuirebbe il livello della discussione, se le obiezioni all’utilizzo della Caserma Gamerra fossero soltanto belle ma poco realistiche dichiarazioni.
In questi tempi in cui tutti ci lamentiamo di come l’apparire sia divenuto più importante dell’essere non possiamo perdere l’occasione per rimanere coi piedi per terra ed essere effettivamente e concretamente realisti.
Qualcuno sul serio può permettersi di offrire alternative praticabili, di fatto, subito e con certezza?
O ci si aggrappa, nel volersi opporre a tutti i costi all’iniziativa, in stereotipi ormai logori?
In ogni caso, alla luce della disponibilità dimostrata dalla Signora Ciardelli ritengo che nulla vieti, a coloro che non vedono di buon occhio l’iniziativa all’interno della Gamerra, di rimboccarsi le maniche dando vita, magari ad iniziare già dal prossimo anno, a mille altre attività, ad esempio finalizzate alla realizzazione del progetto della “Casa dei Bambini di Nicola” .

In generale poi, è così difficile pensare ai militari come normali cittadini, padri di famiglia, come era appunto Nicola Ciardelli?
E’ possibile che l’indossare una uniforme possa far mutare l’approccio, il giudizio e la considerazione che si avrebbero verso quella stessa persona se non fosse così vestita?
NO assolutamente; uno dei principi cardine del Diritto Internazionale Umanitario è proprio questo: dentro l’uniforme c’è un uomo e senza uniforme siamo tutti uguali.

Giudicare, a prescindere, una persona dal vestito o dal lavoro che svolge sarebbe come affermare che tutti coloro, che so, che indossano una coppola sono mafiosi o che si debba diffidare di chi usa giacca e cravatta perché magari sono ben vestiti per meglio truffare le vecchiette.

In chiusura, è evidente che il “metodo militare” non è certo la panacea per tutti i mali del mondo ma è altrettanto vero che questi nostri ragazzi in uniforme spesso, e non so quanto volentieri, devono, ripeto devono, intervenire quando la diplomazia fallisce, magari a difesa dei più poveri e sciagurati, magari in posti del mondo che per noi, abituati alle comodità italiane, sono inconcepibili, inimmaginabili.
E ricordo che, a fronte del chiarissimo testo dell’art. 11 della Costituzione, in cui si dice che “l’Italia ripudia la guerra” i nostri ragazzi mai sono stati impegnati in azioni di aggressione o di invasione, sempre e solo sono andati all’estero per soccorrere e comunque sotto l’egida delle Organizzazioni Internazionali. Del resto mi pare che il Presidente della Repubblica, alla luce purtroppo degli ultimi avvenimenti ed esattamente a proposito dell’Art. 11 della Costituzione sia stato chiarissimo.
L’articolo deve essere letto e compreso per intero!
Finisco invitando, di cuore, le persone critiche verso l’iniziativa a andare, il 27 aprile, a farsi un giro in caserma con animo libero e sincero; sono fermamente convinto che, a mo’ di quel che successe al Giusti, nella poesia Sant’Ambrogio, qualche dubbio sulle loro rigide e forse mal informate posizioni verrà fuori.


Nessun commento:

Posta un commento